Il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica ha presentato oggi al Ministero della Salute la sintesi della sua ricerca all’interno del “Progetto Ccm Incarico – Presa in carico delle persone con disordini della coscienza”, coordinato da Matilde Leonardi dell’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano. Due sono stati i compiti dell’unità di ricerca diretta da Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica. “Il primo – spiega Pessina – è consistito in una ricognizione delle tematiche antropologiche, etiche e bioetiche presenti nella letteratura nazionale e internazionale in riferimento alla presa in carico delle persone in stato vegetativo e di minima coscienza (Sv e Smc). Tale ricognizione ha portato alla proposta di una definizione, valida sul piano etico-antropologico, del concetto di ‘presa in carico’ del soggetto in Sv e Smc che deve essere quindi considerato come persona con gravissima disabilità”. Il secondo compito del Centro di Ateneo di Bioetica è stato, poi, “condurre una comparazione sinottica dei documenti legislativi, prodotti dalle Regioni partecipanti al Progetto, in riferimento alla presa in carico delle persone in Sv e Smc, al fine di individuare analogie e criticità dei percorsi regionali di cura e di analizzare le problematiche etiche presenti nelle diverse legislazioni regionali”.
I 106 documenti legislativi analizzati hanno una variabilità di pubblicazione differente da Regione a Regione e l‘arco temporale va dal 1999 al 2014. “La comparazione sinottica e l‘analisi della legislazione regionale raccolta – chiarisce Pessina – rappresentano il tentativo di comprendere se, e in che modo, le differenti normative regionali condividano gli stessi presupposti etici e antropologici e gli stessi riferimenti normativi nazionali ed internazionali”. Per quanto permanga una certa disomogeneità nella legislazione regionale, “si fa comunque apprezzare un progressivo distaccamento dal modello prevalentemente medico, verso un modello in cui il soggetto in Sv e Smc è inteso non più unicamente come paziente, ma come persona con disabilità”. Proprio per questo, “un elemento fondamentale è la questione di un adeguato riconoscimento dei diversi soggetti coinvolti nelle relazioni di cura, tra cui gli stessi caregiver”. Nel caso specifico dell‘assistenza alle persone in Sv e Smc, la costruzione di un sistema a rete integrata “Coma to Community” è stata fortemente richiesta dalle associazioni dei familiari, “a testimonianza dell‘esigenza di una maggiore inclusione dei caregiver nei percorsi socio-assistenziali di riabilitazione e cura”. Il Centro di Bioetica mette in evidenza come l‘operato del caregiver “non necessiti solo di tutele, ma anche di formazione e assistenza specifiche”.